Se Cristo torna da sé in quest’epoca di bindoli

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Ho ritrovato un vecchio articolo di quando andavo spesso a ragionar con i vecchi e raccogliere storie.

Molte volte dietro i detti e i proverbi vi sono aneddoti e storie che, almeno un tempo, facevano sorridere. Fra queste ce n’è una ambientata nel cuore del Chianti che riguarda il paese di Lamole e i lamolesi. Usava un tempo e usa ancora per la festa del Corpus Domini, organizzare grandi processioni di fedeli delle varie contrade che pregando e cantando accompagnavano i propri santi o il proprio cristo di legno scolpito e dipinto fino alla chiesa scelta per la messa,di solito la più importante del comprensorio.
Come d’usanza al termine della messa era offerto un rinfresco ai portatori delle insegne, vale a dire a coloro che avevano il compito, talvolta molto faticoso per l’imponenza delle statue, di alternarsi e darsi il cambio nel portare a spalla queste ultime, e issati su lunghi pali, gli stendardi e i lanternoni.
Sembra che una sera non ben precisata di molti anni fa, al termine della funzione, ad accompagnare il pane e il prosciutto del rinfresco ci fosse un vino rosso e gentile che andava giù come l’acqua. I portatori della croce con il Cristo, che si alternavano nello sforzo, si resero conto di aver esagerato a metà della strada del ritorno. A Lamole mancava ancora tanta strada, la testa girava e le gambe si facevano molli sotto il peso ammonitore del crocifisso.Presto le richieste dei cambi si intensificarono e giunti giù nel borro del torrente Antìna, uno dei quattro portatori, forse scoraggiato dalla risalita, si rifiutò categoricamente di dare il cambio.
– Portalo te!
– No! Io l’ho portato anche troppo: fallo portare a lui!
– A me? Io non lo porto davvero. Son quello che l’ha portato più di tutti. Per me vu lo portate voi, eppoi… io son briaco!
– Briaco te, briaco io. Per me resta qui!
Insomma, la discussione, animata dal vino, si infiammò a tal punto che divenne punto d’onore non portarlo e pretendere che lo portasse qualcun altro.
Mentre i quattro cantando a squarciagola procedevano barcollanti verso i loro letti, poggiato su una macchia di rovi sul greto dell’Àntina il povero Cristo giaceva abbandonato con gli occhi rivolti al cielo.
Quando dopo alcune ore di sonno i fumi dell’alcol iniziarono a diradarsi e i portatori si risvegliarono, il senso di colpa si impadronì di loro e chiamandosi l’un l’altro si ritrovarono in piazza a notte inoltrata.
– Ragazzi! S’è lasciato il Cristo nell’Àntina. Bisogna andare a ripigliarlo!
Smaltita la sbornia, di corsa come gli apostoli verso il sepolcro,i nostri non rimasero meno sbalorditi degli evangelisti scoprendo che il Cristo non c’era più.
A lungo lo cercarono finché desolati ritornarono intristiti dal loro sacrilegio, verso Lamole. Lì giunti, sfilando di fronte alla chiesa mentre già albeggiava, furono colti da un presentimento ed entrarono. Al suo posto, issato sopra l’altare, c’era il Cristo illuminato appena dalla luce del mattino che filtrava dalle
bifore laterali.
– L’è tornato da sé! – esclamarono sbalorditi i portatori e si gettarono in ginocchio a pregare.
Che davvero il cristo fosse tornato da sé portandosi la croce a spalla o qualcuno l’avesse trovato e riportato in chiesa, non ci è dato di sapere. Sappiamo invece che da quella volta fra gli abitanti dei paesi vicini che seppero della storia, cominciò a diffondersi un motto poco lusinghiero per la reputazione degli amici di Lamole che, tolti i protagonisti della nostra storia, non avevano e non hanno alcuna colpa. Il motto che veniva usato in occasione di un torto subito, di un raggiro
o di una parola mancata, era questo:
– Bindoli dei lamolesi, lascionno il Cristo nell’Àntina!
E’ appena il caso di ricordare che il termine bindolo vuol indicare una persona di cui non ci si può fidare, che abbindola o che non mantiene la parola.
Bindolo infatti è detto l’arcolaio o anche la pompa azionata da un somaro che gira su se stesso e il meccanismo di alcune presse a vite. Da qui abbindolare, raggirare, girare intorno a qualcuno per ingannarlo.