Il bambino scarafaggio

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Di fronte alla morte di un bambino, di un solo bambino, si dovrebbe farla finita, proclamare lutto nazionale da entrambe le parti e giurarsi reciprocamente di non farlo mai più. Ma così non è fatto l’uomo, la colpa è degli altri e i leader dormono tranquilli. Dormono tranquilli? Certo, perché non tutti i bambini sono uguali. Una cosa sono i nostri bambini e una cosa i bambini degli altri. Chi non ha sperimentato, quell’impulso profondo che colpisce le madri quando dividendo una torta danno, quasi casualmente, la fetta più grande al proprio figlio? Oppure no, la danno all’ospite, il che è lo stesso frutto della reazione a quell’impulso, ostacolato con la ragione. Chi dovendo scegliere chi salvare, salverebbe il figlio di un altro e non il proprio? Neanche per le maestre i bambini son tutti uguali, e quanto si arrabbiava mio figlio per le ingiustizie e le preferenze. Ma qui si va oltre. Qualcuno ha accostato infelicemente le foto dei bambini ebrei con le mani alzate a quelle dei bambini palestinesi uccisi. Accostamento infelice, non rigoroso, storicamente sbagliato. Eppure, nel nazista che uccide il bambino ebreo e nel soldato israeliano o nel militante arabo che uccide il figlio degli altri, il futuro degli altri, c’è la medesima idea di fondo: quel che ho ucciso non era un bambino come i miei, era un bambino del nemico, un topo, uno scarafaggio, una peste da eliminare con ragione e senza rimorso dalla faccia della terra.
Nel caso degli israeliani non può non sbalordire che a sparare sui civili e i bambini siano i figli e i nipoti di coloro che (alcuni ancora vivi) per miracolo sfuggirono al medesimo odio razzista, con le debite differenze imparagonabili di dimensione e logica, naturalmente. Il risultato finale, la morte del bambino scarafaggio, è comunque molto simile, direi lo stesso.
E adesso occorrerebbe una bella chiusa efficace, magari di speranza a questo mio ragionamento. Purtroppo però non ce l’ho, né voglio avercela. Cerco solo solo di non vedere scarafaggi nei figli degli altri, più di quanto non li veda nei miei.